Il grasso legnaiuolo

"[...] E’ la storia di una beffa – un tiro giocato dal Brunelleschi e dai suoi amici al grasso legnaiolo del titolo, che li aveva offesi non presentandosi a cena una sera che lo aspettavano. Decidono allora di convincere il falegname ch’egli non esiste, ossia di toglierli la sua identità, anzitutto fingendo di non riconoscerlo e poi persuadendolo con una serie di manovre che vi è veramente un <<Grasso>> che l’amico pretende di essere, che però non è lui. Infatti, come riescono a convincerlo con i loro funambolismi, lui non è nessuno, è niente, è un mero flusso confuso di coscienza che crede di essere un grasso legnaiolo. Il diapason del racconto è raggiunto quando il tremante grassone ha paura di andare a casa, nella propria casa, nel timore che <<lui>< - ovvero se stesso –sarà lì. <<Se lui c’è>>, egli si domanda in un misto di furberia e di panico, <<che farò io?>>. Questo quadro di autoalienazione, più atroce e più nitido delle stesse opere di Pirandello, è narrato come un vero incidente, ben noto ai suoi tempi, capitato a tale Manetti degli Ammannati il quale, non riuscendo a reggere questa esperienza, se ne andò in Ungheria dove pose fine ai suoi giorni. [..] Vero eroe della novella è il genio del Brunelleschi; il genio che scoprì la maniera di calcolare il punto di uga e che poteva far svanire un uomo corpulento – o fargli credere di svanire – come una palla manovrata da un prestigiatore in pieno giorno. […]
(Tratto da: Mary McCarthy, Le pietre di Firenze)

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